MESSA IN ONORE DI S. GIUSEPPE MOSCATI A S. SEVERINO.
Mercato S. Severino. Si è celebrata domenica 16 novembre scorso, ore 11, la Messa in suffragio del medico santo
Giuseppe Moscati; appuntamento presso la chiesa di S. Giovanni in Parco al capoluogo, dove si è tenuta la celebrazione
eucaristica. La consueta Messa domenicale è stata arricchita di nuovi e più fervidi significati proprio in memoria
del professionista campano, di cui cadeva la ricorrenza. La liturgia ha visto presenziare alcuni – pochi – medici del
territorio, anche se mancavano i dottori più rappresentativi nell’ambito della vita politica cittadina. Inoltre la
Messa era dedicata ai volontari Avo (che visitano i malati all’interno delle strutture ospedaliere) e a quelli della
(locale) Croce Rossa (in gran numero). Questo, grazie al parroco don Peppino Iannone, su sollecitazione e con la
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fattiva e collaborativa organizzazione di Concetta Abbadessa, tra i responsabili afferenti alla parrocchia succitata.
Già prima di cominciare, don Peppino ha spiegato che tutte le letture avrebbero verso sulla “responsabilità” dei doni
che il Signore ha elargito a ciascuno di noi: anche se domenica, don Peppino ha voluto che il brano evangelico da lui
letto e “commentato” nell’omelia fosse nella forma breve, soltanto per una questione di orario. Il testo tratto dal
Vangelo, però, era anch’esso chiaramente riferito al far sfruttare i talenti da parte di noi fedeli, in qualità di
“amministratori e non proprietari” dei doni (in gergo ecclesiastico, “carismi”) che Dio ha affidato. Ciò valeva e vale
in gran parte anche e soprattutto per i medici, i professionisti della salute. Insieme ai dottori, però, si occupano
della sofferenza anche i volontari Avo, gli uomini della Croce Rossa e gli appartenenti ad altre associazioni –
pubbliche e private – insistenti sul territorio.
Passiamo alla giornata di domenica 16 novembre.
Già dalla prima lettura (Antico Testamento, libro dei Proverbi), poi seguendo il salmo, e dalla proclamazione della
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lettera apostolica di S. Paolo ai Tessalonicesi si evinceva un discorso adatto alla professione medica e/o di
personale sociosanitario e parasanitario; dice la Parola che occorre sfruttare i nostri “talenti”, come narrato nel
e dal Vangelo. Ciò senza (false) pigrizie, ma restando “laboriosi” e “operosi”, attivi. Soprattutto, non dobbiamo
demandare ciò che richiede la nostra responsabilità – termine chiave della riflessione omiletica – ad altri, con
scuse e ragionamenti egoistici.
Centrale, per la comprensione del concetto, la lode rivolta alla donna che fila presente – con un’immagine – nella
prima lettura.
Poi il sacerdote si è rivolto proprio ai medici, sollecitando loro la cura “del corpo ma anche dello spirito” ai
pazienti che vi si rivolgono. È importante – dice don Peppino – anche “donare un sorriso, dare conforto ai malati”,
come faceva per l’appunto S. Giuseppe Moscati, originario delle zone a noi più vicine.
“S. Giuseppe Moscati – ha affermato don Peppino – non curava le persone malate per il guadagno, ma nella gratuità del
servizio al prossimo.”
Dopo un curioso amarcord personale, su una sua esperienza chirurgica da diciottenne – quando fu sottoposto a un piccolo
intervento di routine – il parroco ha dato la parola dapprima ai medici, con una preghiera da essi letta dall’ambone
– ricca di riferimenti umani, che vedono il corpo non solo come una macchina e le cure non senza limiti e fragilità
– e in seguito ha recitato, sempre dall’ambone, una prece un membro della Cri (Croce rossa italiana). Anche questo
piccolo pensiero era denso di ispirazioni ideali e valoriali. Durante l’offertorio, degli esponenti delle “categorie”
presenti alla Messa hanno recato ceste con prodotti alimentari e frutta all’altare, a mo’ di rendimento di grazie,
di sacrificio, appunto di offerta.
ANNA MARIA NOIA
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