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   OMICIDIO DI VIVO-DE SANTIS A S. SEVERINO

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Mercato S. Severino. E’ stata la “classica” tragedia originata dalla miseria, ma soprattutto dalla depressione e di altre patologie psichiche: l’omicidio di madre e sorella da parte di Gianni Di Vivo - più che trentenne con gravi ma abbastanza recenti disturbi mentali (era in cura da qualche anno) che risiedeva nella tranquilla cittadina della Valle Irno – è di certo una sconfitta per la comunità di Mercato S. Severino e soprattutto per le politiche sociali del territorio. i servizi sociali, infatti, dovrebbero sopperire – in qualche modo – alle frequenti situazioni e manifestazioni di disagio similari, monitorando con maggiore attenzione il comprensorio. Gianni e Deborah Di Vivo, 29 anni, vivevano con la madre Antonietta De Santis. Erano i figli di Nunzio Di Vivo, proprietario de “La fonte del baby chic”, piccola e curiosa attività al corso Diaz poi chiusa già dagli anni ’90. Una rivendita di abbigliamento ed accessori per minori nella parte alta del corso Diaz, nei pressi della merceria Raimo – tra un vecchio negozio di frutta e appunto la merceria. Nunzio Di Vivo è deceduto da circa tre anni, a causa di una cirrosi epatica. Aveva appena 61 anni. La famiglia Di Vivo – stando già alle prime e fugaci indiscrezioni – sarebbe originaria della frazione Curteri. Nunzio Di Vivo e i suoi familiari erano da tempo in condizioni finanziarie molto precarie. Sembra che i coniugi – quando il paterfamilias era ancora su questa terra – litigassero spesso proprio in ragione di tali problematiche. Qualcuno ha anche affermato, ma è stato subitaneamente smentito, che Antonietta maltrattasse i figli. Ciò non è risultato vero, reale. Alle tensioni e alle pessime condizioni di vita di queste persone si aggiungeva l’anoressia della giovane – di indole timida e riservata, scontrosa ma quieta e tranquilla. Era una ragazza umile, con un carattere chiuso. Tra i Di Vivo, ma questo non ha a che fare con il tremendo episodio, pare vi fosse un familiare che morì in carcere – accusato di omicidio. La madre deceduta, Antonietta De Santis, era invece conosciuta al capoluogo – sebbene anche lei non uscisse molto per le strade di S. Severino, preferendo l’accoglienza della sua abitazione – in via Fenizia e Marotta, traversa di via Cacciatore che insiste sul centralissimo corso. Un fratello della donna si chiama Domenico (Mimì), ha un buffo soprannome e svolge la professione di costruttore; un altro fratello è Ugo De Santis, scrittore e volontario della Croce Rossa locale; un uomo molto sensibile alle tematiche e questioni sociali. Nel raptus di follia, che lo ha visto dapprima strangolare la madre a mani nude e soffocare la sorella con un cuscino – e questo nella serata del 3 agosto, mentre i corpi sono stati ritrovati soltanto il giorno 4 alle 13 – Gianni Di Vivo ha anche tentato il suicidio: si è infatti tagliato le vene ed è stato ritrovato dalle forze dell’ordine in una pozza di sangue. Per qualche tempo Di Vivo è stato piantonato in ospedale. Il raptus del povero giovane è stata forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso: una pressione che lo ha indotto, al culmine di vari litigi, a decimare, a sterminare i familiari. Tante le vicende e le traversie che il nucleo ha sempre cercato di sopportare – molto dignitosamente – ma alla fine l’omicida non ha retto ed ha attuato l’insano proposito di quello che se fosse riuscito sarebbe stato considerato un omicidio-suicidio. Di lui si dice che fosse già da tempo laureato in Ingegneria, lo afferma un suo compagno di scuola alle elementari che ne ricorda la bravura tra i banchi. Era in osservazione presso i servizi sanitari da almeno 5 anni. Molte persone da noi incontrate e sentite al proposito hanno affermato che la situazione è precipitata dalla morte del padre. La famiglia si era rivolta in passato alla Caritas parrocchiale di S. Antonio, dove tutti i volontari ricordano la ritrosia dei Di Vivo – modesti, silenziosi e composti, molto compiti. In particolare gli assistenti spronavano la ragazza a confidarsi e a non tenersi tutto dentro. Una tragedia annunciata, che si poteva e anzi doveva evitare; un episodio agghiacciante verificatosi nell’indifferenza di un torrido agosto. Ennesimo dramma causato dal mal di vivere ma anche dalla mancata solidarietà umana. Una debacle per le istituzioni preposte al riguardo, in una cittadina – quale S. Severino – dove è comunque presente il disagio sociale, che si avverte anche spulciando le cifre di pochi – ma pur sempre troppi – suicidi giovanili, occorsi anche a figli di professionisti e/o appartenenti a famiglie agiate e di rango.

ANNA MARIA NOIA



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Testo scritto di: Anna Maria Noia
Redazione: notizieirno.it

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