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   Il 20 Luglio 1865 Re Vittorio Emanuele II firmò, nella Firenze capitale d’Italia
    Il 20 Luglio 1865 Re Vittorio Emanuele II firmò, nella Firenze capitale d’Italia



    Il 20 Luglio 1865 Re Vittorio Emanuele II firmò, nella Firenze capitale d’Italia, il decreto n. 2438 istitutivo del Corpo delle capitanerie di porto del Regno d’Italia. Il nuovo Corpo, costituito dal personale già appartenente allo Stato Maggiore dei Porti e all’Amministrazione della Marina, si componeva di Capitani di Porto di 1ª, 2ª e 3ª classe; Ufficiali di Porto di 1ª, 2ª e 3ª classe ed Applicati di Porto. Il personale di bassa forza era composto da Guardiani di porto di 1ª e 2ª classe, Marinai di porto (del luogo) di 1ª e 2ª classe, Inservienti fissi e Inservienti del luogo.


Le riforme al Codice della Marina nel 1877 e nel 1886 attribuirono ai Capitani e, secondo i casi, agli Ufficiali di Porto le funzioni di pubblico ufficiale. Il personale del Corpo era, dunque, costituito da civili dipendenti dalla Direzione Generale della Marina Mercantile, all’epoca costola del Ministero della Marina, reclutato per concorso o transitato dallo Stato Maggiore della Marina. Venivano anche affidate al Corpo attribuzioni di carattere militare quali, ad esempio, la formazione del contingente di leva marittima, l’arruolamento di giovani idonei a prestare il servizio militare nella Marina ed il loro avviamento alle armi.

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    1891 - 1914
    L’evoluzione della navigazione, sia dal punto di vista tecnico che economico, determinò un continuo ampliamento delle funzioni ed un maggiore impegno del Corpo delle capitanerie. Questo ampliamento portò alla necessità di costituire un organo direttivo per coordinare le varie attività ed i servizi affidati alle capitanerie di porto. Si arrivò alla costituzione, nel dicembre del 1910, dell’Ispettorato del Corpo delle capitanerie di porto (il cui primo Ispettore fu il Generale di Porto Carlo Francesco Mazzinghi), posto alle dirette dipendenze del Ministro e del Sottosegretario alla Marina. L’Ispettorato aveva compiti di vigilanza, di coordinamento e di controllo su tutti i comandi e gli uffici dipendenti e gli venne affidata inoltre l’esecuzione del testo unico del Codice per la Marina Mercantile.

    1915 - 1923
    Alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, con un provvedimento del maggio del 1915, si riconobbe il servizio prestato presso le capitanerie di porto come compiuto sotto le insegne militari ed il personale fu autorizzato a portare le stellette. Successivamente alla memorabile impresa compiuta dalle capitanerie di porto nel 1916 per coordinare il salvataggio dell’esercito serbo - 260.895 militari, 10.153 cavalli, 68 cannoni e una notevole quantità di materiale bellico - nel febbraio del 1918 il Ministro della Marina affidò al Corpo delle capitanerie alcuni servizi che interessavano la difesa militare; di conseguenza tutti gli appartenenti al Corpo furono militarizzati per la durata della guerra. La militarizzazione venne definitivamente mantenuta dal novembre del 1919. Nel settembre del 1923 il Corpo delle capitanerie, dopo essere stato trasferito, nel frattempo, dal Ministero della Marina a quello dei Trasporti e quindi al Ministero per l’Industria, il Commercio ed il Lavoro (presso il quale fu istituito un apposito Sottosegretariato per la Marina mercantile), venne incluso tra gli altri Corpi militari della Regia Marina. Questo provvedimento sancì l’attuale fisionomia del Corpo.

    1924 - 1939
    Nel 1924, il Corpo delle capitanerie fu posto alle dipendenze del neocostituito Ministero delle Comunicazioni per i relativi servizi d’istituto e dal Ministero Marina per lo stato giuridico, il reclutamento, l’avanzamento e la disciplina militare. La Direzione Generale della Marina Mercantile stessa, dalla quale dipendeva il Corpo, fu retta dal 1925 al 1944, con continuità, da un Ufficiale delle Capitanerie, il Generale Giulio Ingianni, già Ispettore Generale del Corpo. Il Generale Ingianni aveva partecipato alla Commissione per le Riparazioni di Guerra di Parigi nel 1919, adoperandosi attivamente affinché il patrimonio navale della Venezia Giulia, in particolare triestino, non fosse diviso tra i vincitori della guerra e rimanesse all’Italia. Tra la fine degli anni venti e gli anni trenta le capitanerie di porto compirono un vero miracolo organizzativo nella gestione dei traffici da e per le Colonie, enormemente incrementati. Un significativo esempio fu il porto di Massaua che vide passare i suoi traffici merci, dalle 2.000 tonnellate mensili nei primi anni trenta alle 60.000 nel 1936, con oltre 50 piroscafi al giorno presenti in porto ed una riduzione sostanziale - da sei a due giorni - della sosta media necessaria per le operazioni di carico e scarico. Nel 1938, in sostituzione dell’Ispettorato Generale delle capitanerie di porto, con Regio Decreto dell’11 novembre, fu istituito il Comando generale delle capitanerie di porto, con a capo un Ammiraglio di Squadra proveniente dallo Stato Maggiore della Marina. Furono attribuiti alle Capitanerie di porto i servizi riguardanti la Gente di mare, il naviglio e i porti mercantili.

    1940 - 1945
    Nel 1940 l’Italia entrò in guerra e i porti, data la loro importanza strategica, sin dall’inizio delle ostilità, risultarono tra gli obiettivi principali dei bombardamenti nemici. Per far fronte alla difficile situazione, Ufficiali, Sottufficiali, Marinai e tutti i dipendenti civili delle capitanerie di porto furono chiamati a svolgere un rischioso ed imponente lavoro per assicurare, via mare, i rifornimenti alle truppe ed alla popolazione. Venne poi l'otto settembre 1943. La sera di quel giorno, nei porti italiani dove fu materialmente realizzabile, le Autorità marittime impartirono ordini alle navi nazionali ed alle persone al momento presenti a bordo di esse, di provvedere all'autoaffondamento delle stesse o all'immediata partenza o ad atti di sabotaggio. Gli ordini furono eseguiti dove ciò fu possibile. Molti Ufficiali, Sottufficiali, personale di bassa forza delle capitanerie conobbero il calvario dell'internamento in Germania. La tragica frattura che si venne a creare a seguito dell'armistizio portò al nord, nella Repubblica Sociale Italiana, all'istituzione di una Direzione Generale della Marina Mercantile e di un Comando Generale delle capitanerie di Porto, con sede prima a Verona e poi a Milano con il trasferimento di parte del personale ministeriale di Roma. La Direzione Generale e il Comando delle capitanerie di porto del nord, nonostante i loro compiti ridotti e la loro giurisdizione limitata date le circostanze, si adoperarono per la salvaguardia del patrimonio navale mercantile e degli impianti portuali, nonché per la tutela degli interessi della gente di mare e degli armatori. Nel 1945, alla data della Liberazione, le strutture amministrative della RSI confluirono nel Commissariato per la Marina Mercantile dell’Alta Italia, per poi essere nuovamente fuse con il personale e le strutture rimaste a Roma. Al sud, sotto il governo Badoglio, fu ricostituito un Comando Generale, fino alla liberazione di Roma dislocato presso la base di Taranto. Per gestire il funzionamento degli Uffici del Sud fu richiamato in servizio l’ammiraglio Aldo Ascoli, primo Comandante Generale dell’Italia liberata, discriminato nel 1938 a causa delle leggi razziali, perché ebreo.

    1946 - 1965
    Il 2 giugno 1946 l’Italia sancì la fine della monarchia e nel luglio dello stesso anno venne costituito il Ministero della Marina Mercantile. Nel 1948 il Comando generale tornò ad essere denominato “Ispettorato generale” con dipendenza dai Ministeri della Marina Mercantile e della Difesa. Contemporaneamente ebbe inizio la difficile ricostruzione dei porti italiani, gravemente colpiti e resi impraticabili dai relitti e dalle mine magnetiche. Con la firma del Trattato di Pace del 1947, oltre alla chiusura di tutti gli Uffici coloniali e di occupazione, in seguito alla cessione di parte del Territorio Nazionale alla Iugoslavia, la Direzione marittima di Trieste (comunque ritornata all’Italia solo nel 1954) perse il Compartimento di Pola ed altri Uffici minori, quella di Ancona il Compartimento di Zara. La Direzione marittima del Carnaro (di Fiume) passò integralmente allo stato balcanico. Nel novembre del 1951 la spaventosa alluvione del Polesine vide gli uomini delle capitanerie di porto prodigarsi nell’opera di salvataggio della popolazione. Nel maggio del 1964 venne dato un definitivo assetto ai servizi dell’amministrazione centrale del Ministero della Marina Mercantile. Anche nel nuovo ordinamento del dicastero l’Ispettorato generale delle capitanerie di porto rappresentò sempre l’indispensabile organo di collegamento tra le due Marine, quella militare e quella mercantile. Dopo un secolo di storia, le capitanerie, preposte al controllo dei porti e delle attività marittime, nonché alla difesa delle coste nazionali, riuscirono a trovare una collocazione definitiva pur essendo ancora lontane dall’attuale configurazione tecnico-amministrativo-operativa.

    1966 - 1989
    Nel 1968 venne demandata direttamente al Corpo la gestione dei mezzi navali destinati ai compiti istituzionali. Si fece così un grosso passo avanti poiché il Corpo cominciò ad avere unità navali proprie. Nel 1982, anno molto importante nella storia delle capitanerie, con l’emanazione della legge sulla difesa del mare, si affidava al Ministero della Marina Mercantile ed alle capitanerie un’ampia competenza di controllo sulle attività commerciali marittime e sulla tutela dell’ambiente marino. Questa legge permise, inoltre, l’acquisizione di mezzi navali con caratteristiche idonee a far fronte alle nuove sfide operative, nonché di mezzi aerei che, alla fine degli anni ottanta, costituirono il primo Nucleo aereo di Sarzana (SP). Con decreto interministeriale 8 giugno 1989, i reparti del Corpo delle capitanerie di porto con compiti di natura tecnico-operativa, furono costituiti in “Guardia costiera”.

    1990 - oggi
    Nel 1994, con la legge di riforma portuale, l’Ispettorato Generale fu elevato a Comando generale del corpo delle capitanerie di porto, retto da un Comandante Generale, con evidenti ricadute positive in termini di miglioramento delle attività e di autorevolezza nello sviluppo dell’organizzazione generale e nello svolgimento di compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per i fini civili. Le Capitanerie di porto mantengono una duplice dipendenza: dal Ministero della difesa, in quanto Corpo della Marina Militare, e dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti per i compiti in materia di navigazione e trasporto marittimo, vigilanza nei porti, demanio marittimo e sicurezza della navigazione. Si avvalgono dell’opera delle capitanerie di porto altri Dicasteri ed Organi dello Stato, in particolare il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio per la difesa dell’ambiente marino, la vigilanza e gestione delle riserve marine e delle aree marine protette; il Ministero delle Politiche agricole e forestali in materia di pesca marittima; il Ministero dell’Interno per la vigilanza dei flussi immigratori; il Ministero per i Beni e le attività culturali, per la tutela delle aree marine di interesse archeologico; il Dipartimento della protezione civile, per la gestione delle emergenze in mare, le Regioni e gli enti locali in materia di amministrazione e vigilanza sul demanio marittimo. Compito d’istituto delle capitanerie di porto è la ricerca ed il soccorso in mare (S.A.R.), a supporto del quale si è sviluppato il progetto V.T.S. (Vessel Traffic Service). Ogni attività del Corpo è caratterizzata da una forte rilevanza sociale, a livello sia centrale sia periferico, per garantire la sicurezza della vita umana in mare, dei beni comuni e degli interessi generali dello Stato e della Comunità internazionale
Redazione: notizieirno.it

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