CIUCCIO DI FUOCO AD ACIGLIANO DI S. SEVERINO
Mercato S. Severino. Tutto pronto per la consueta manifestazione del “Ciuccio di fuoco”, in atto alle 24.01 tra il 15 e 16 agosto nella frazione Acigliano. È un retaggio ancestrale, apotropaico, rituale. Un vestigio etnografico legato in parte alla devozione per la Madonna Assunta, di cui gli Aciglianesi sono fervidi devoti, in parte ad antichi misteri pagani. Sempre nel solco tracciato dai patres, dagli avi – tra magia urbana e fede religiosa – e stando a quanto afferma Dante rispetto al mondo pagano, che è e diviene fondamento di quello cristiano, il ciuccio di fuoco si legge chiaramente in rapporto alle feste del fuoco e alle tradizioni popolari imbevute – comunque – di superstizione e scaramanzia. C’è anche qualche studioso che parla – giustamente – degli scherzi e degli screzi tra gli abitanti di Acigliano e i corrispettivi “vicini”, “cugini”, dell’altra frazione (limitrofa) Pandola. Sì perché sembrerebbe che tra i “dispetti” tra le due comunità, legate indissolubilmente da un rapporto di amore ed odio, ci sia stato il porre una carcassa di ciuco a mo’ di sfregio verso l’ideale confine tra le realtà rivali. Ma il ciuccio non è solo questo.
Si tratta di un mito vicino alla sensibilità e soprattutto alla fantasia della nostra arcaica
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civiltà contadina: durante la cosiddetta “indizione bizantina”, e cioè il rinnovo dei contratti
agrari tra il 15 agosto e la metà di settembre, a S. Severino si usava bruciare le “fracchie”
raccolte: ciò allo scopo di allontanare gli spiriti maligni dai campi, in nome di una ritrovata
lustralità e purificazione – simboleggiate, queste ultime, dalle lacrime della Madonna festeggiata
a Lombardi (leggi: “Fontanelle”).
Ad Acigliano sono anni che la “festa” – perché proprio di questo si tratta – viene sempre più sentita da molti; questo anche e comunque in situazioni economiche e finanziarie non proprio floride o del tutto positive: ogni volta sembra che il tutto vada a finire, ma poi il ciuchino – soprattutto se e quando si incendia, e non invece se qualcosa va storto – stringe i denti e diviene ancor più forte e simpatico di prima!
A supportare e sostenere l’antica tradizione demologica, alcune associazioni: la più “antica” e “longeva” è il sodalizio “S. Magno”, nella persona del responsabile Gerardo De Dominicis. C’è però, da pochissimo, un’altra associazione, giovane ma anche giovanile: “Associazione giovanile aciglianese” è appunto il suo nome.
In particolare il diciannovenne Gaetano D’Auria, tra i soci di tale realtà, ha voluto restaurare l’antica sagoma del ciuccio, “in pensione” (accantonata) dal 2001 – allorquando qualcosa nell’organizzazione è cambiato (in meglio) e l’umile animale di cartapesta, con in groppa personaggi attuali e simbolici, ha assunto una forma nuova e una bardatura più sicura – trattandosi infatti di materiale pirotecnico con cui farlo “scoppiare”. È da dirsi, tuttavia, che pur essendo il “nuovo” simulacro più rispondente ai criteri di sicurezza per gli accensori – tra cui il sindaco, oppure in passato il più vecchio o il più “ingenuo” del paese – e per la popolazione, ciononostante qualcosina è andata “persa” nel corso delle edizioni. Prima si attribuivano anche premi per un concorso di idee, inerente un disegno sulla manifestazione! Ma non è questo che intendevamo: volevamo invece stigmatizzare che fino a pochi anni fa la sagoma del ciuccio passava tra la gente, nel votta votta generale; oggi – comunque per ridurre maggiormente i rischi – l’asinello è solo, coi suoi personaggi, in mezzo alla piazza e ciò non è “bello” come in passato!
Tornando a noi, Gaetano D’Auria ha lavorato per ben due settimane, allo scopo di rimettere a nuovo il vecchio volto dell’amabile animale. Animale appartenente a buon titolo alla letteratura di ogni epoca: il simbolo dell’asino fa parte ad esempio del classico “Pinocchio”, del “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare e dello “Asino d’oro” (“Le metamorfosi”) di Ovidio. Per non parlare della Bibbia (Antico e Nuovo Testamento)!
Dunque un esempio di cittadinanza attiva e di voglia di fare, per il Nostro D’Auria – non c’è che dire!
Infine, ricordiamo che se il simulacro non si accende subito ciò vale a significare sfortuna e penuria di raccolto, di messi!
ANNA MARIA NOIA
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