Sito offerto da Notizie Irno
|
|
|
|
La Danzaterapia |
A cura del dott. Emilio Esposito
Abstract :
A cura del Prof. Emilio Esposito Docente di Religione liceo scientifico/ e sezione Carceraria/ Formatore Area delle Professioni Sociali/ Formed - VdS C.R.I. / Consulente per il Terzo Settore (Welfare) /Componente Centro Studi e Osservatorio Permanente sul Disagio Giovanile Comune di Mercato S. Severino. Servitore Insegnante Scuola Alcologica Territoriale - AICAT/ARCAT/APCAT/ Volontario Ambulatorio Dipendenze ASL Sa distretto 67-/ Responsabile Sportello Sociale C.R.I. (Delegato ASA ( Attività Sociali).Esperto in Biodiscipline e Bioenergetica/Libero Docente UTE/ Università per la Terza Età. Counselor.Esperto in Logoterapia.
La danza è un importante strumento di espressione globale della persona, una forma di manifestazione delle dimensioni profonde della natura umana. La sua capacità di sostenere il benessere attraverso la manifestazione delle emozioni era già nota in molte popolazioni primitive che attraverso i balli tradizionali mimavano i propri stati affettivi individuali o di gruppo. L’uso delle potenzialità terapeutiche della danza in una forma più sistematica risale a tempi più recenti in cui si sono sviluppate diverse forme di “danzaterapia” che comprendono metodi che utilizzano il movimento del corpo, in modi più o meno strutturati e in relazione ad obiettivi diversi. All’interno delle varie tipologie di “movimento-terapie” sono compresi pertanto differenti approcci, tutti accomunati dal riconoscimento del rapporto che unisce mente e corpo e che si pone alla base della possibilità di intervenire mediante la danza per favorire e sostenere la salute mentale e lo sviluppo psicologico.
Evoluzione e prospettive della Danzaterapia
A partire dall’osservazione dei benefici sul corpo e sulla mente delle forme di danza spontanea dei popoli primitivi, sono state sperimentate tecniche di utilizzo della comunicazione non verbale attraverso la danza, giungendo con il danzatore e coreografo slovacco Rudolf Von Laban all’uso del movimento per l'espressione delle emozioni, mettendo a punto il metodo che è stato definito “il dramma della danza”.
In questa prospettiva il movimento comincia ad essere inteso anche come uno strumento che rivela molte caratteristiche individuali, come gli stati d'animo e la personalità. In quest’ottica, che oggi rappresenta il fondamento di gran parte della “danzamovimentoterapia”, il corpo in movimento viene analizzato considerando principalmente quattro elementi come indicatori della realtà del soggetto quali peso , spazio, corpo e flusso, creando il sistema di analisi del movimento definito “Laban Movement Analysis” e la relativa metodologia “Effort-Shape”.
Il vero e proprio termine “danzaterapia ” comincia a diffondersi all’inizio del Novecento grazie al contributo di due ballerine professioniste della cosiddetta “modern dance”: M. Chace e T. Schoop.
Esse hanno fatto esperienza in prima persona del superamento delle tradizionali e rigide tecniche di danza classica cominciando a centrare l’accento sul piacere di ballare e sul benessere che la danza è in grado di regalare, sostenendo l’espressione con il corpo e sulla musica attraverso forme spontanee di movimento.
Le loro più famose applicazioni della danzaterapia hanno coinvolto principalmente reduci di guerra con problematiche di depressione, psicosi o forme di isteria.
Oggi esistono molte forme di aiuto alla mente che utilizzano la danza che vengono adottate in contesti privati o in ospedali e strutture pubbliche che lavorano nel settore della salute mentale o in quelli dell’istruzione e dell’educazione. Le varie metodologie di danzaterapia sono fondate su diverse interpretazioni teoriche del ballo e delle sue potenzialità di supporto alla mente.
Nella danzaterapia analitica , particolarmente diffusa nei paesi americani, si uniscono i contributi dello studio del ballo a quelli della psicoanalisi principalmente junghiana, sviluppando idee come quella di Mary Starks Whitehouse, promotrice delle forme di danzaterapia definite “movimento autentico”, ossia attività corporee completamente spontanee mediante le quali si possono esprimere i contenuti più profondi che appartengono alla sfera della mente inconscia (Chodorow J., 1998).
La danzaterapia analitica rappresenta una delle tecniche di “immaginazione attiva” con cui si applica la psicoterapia analitica junghiana e consente, come altri metodi di espressione artistica, di favorire la graduale apertura dell’inconscio sostenendo una consapevolezza di emozioni che vengono prima stimolate attraverso dei movimenti naturali compiuti ad occhi chiusi e poi espresse verbalmente grazie all’aiuto della guida del processo terapeutico, definita testimone (witness).
La danzaterapia secondo il metodo di Maria Fux nasce dall’esperienza dell’omonima danzatrice e coreografa argentina che ha sperimentato gli effetti terapeutici spontanei prodotti dalla danza in prima persona, durante un periodo di profonda depressione. In seguito ai benefici osservati su se stessa, ottenuti approfondendo il rapporto con la danza, la ballerina ha fondato un filone di applicazioni della danzaterapia che concepiscono quest’ultima come forme di danza spontanea per migliorare il benessere psicologico e l’integrazione sociale tanto di soggetti normodotati che di portatori di handicap.
Tale metodo è stato sperimentato con successo lavorando con tutte le età della vita e con problematiche di disabilità sensoriali visive ed uditive nonché con handicap psichici e fisici.
La danzaterapia di Maria Fux ha in comune con il metodo analitico esclusivamente l’utilizzo di forme libere di danza volte all’espressione di sé, ma si differenzia da essa in quanto non ambisce a lavorare su contenuti inconsci né a sostenere forme di psicoterapia.
Questo approccio si fonda sull’utilizzo della danza istintiva, come momento di ascolto, di conoscenza e riscoperta di sé, senza utilizzare tecniche di interpretazione e verbalizzazione degli stati interiori sperimentati con il ballo, secondo metodi molto semplici messi in atto da esperti del settore che, non intervenendo in modo strutturato, non si basano sulla conoscenza di nozioni professionali teoriche specifiche, ma sono formati all’utilizzo di tecniche specifiche di danzaterapia che adottano stimoli creativi e materiali diversi.
La metodologia destrutturata di danzaterapia Maria Fux rappresenta soprattutto una forma di danza creativa in grado di produrre in modo spontaneo dei miglioramenti nella salute psicofisica che non seguono programmi sistematici, ma che sono piuttosto affidati al potere catartico e liberatorio della danza senza aspettarsi di raggiungere obiettivi specifici.
La possibilità di migliorare la comunicazione e l’espressione di sé attraverso questo metodo inoltre lo pone come un punto di riferimento nel contesto delle danze pedagogico-educative, forme di danzaterapia che mirano ad obiettivi principalmente legati all’educazione, allo sviluppo della personalità e di capacità specifiche in bambini, adolescenti e persone disabili.
Nella danzaterapia secondo il metodo dell’ “expression primitive” , fondata dal danzatore Herns Duplan, l’utilizzo della danza segue un approccio definito “antropologico” e si basa su un lavoro mediante l’utilizzo di forme archetipiche di movimenti, ovvero gesti e rituali motori tipici che accomunano le culture tradizionali. Attraverso il viaggio simbolico nella storia dell’umanità che la “danza primitiva” consente è possibile recuperare aspetti universali della natura umana e stati psichici primari nello sviluppo.
In questo metodo danzaterapeutico spesso ci si ispira a danze tribali, utilizzando suoni ritmati di tamburi e forme di canto ripetitive sperimentate generalmente in un contesto di gruppo a cui viene attribuita una “funzione materna”.
Il ritmo dei tamburi riproduce il battito cardiaco, amplificando e sintonizzando il rapporto tra mondo esterno e mondo interno; la danza ritmica, spesso a piedi nudi, mira a simbolizzare il rapporto radicato con la terra; la voce del conduttore impegnata in una melodia cantilenante riporta al vissuto del “sentirsi cullato” da filastrocche e ninnananne rassicuranti; lo stato di rilassamento profondo e perfino vicino alla trance, indotto da suoni e movimenti ripetuti, favorisce l’espressione di parti emotive limitando l’azione di filtri razionali.
La psicodanzaterapia nasce dal perfezionamento e da una sistematizzazione delle tecniche di danzaterapia adottando principi e tecniche di psicoterapia prevalentemente cognitivo-comportamentale nell’uso del ballo, allo scopo di prevenire, ridurre e superare problematiche psicopatologiche (Matto S., 2005).
Questa forma di intervento a sostegno della salute mentale è piuttosto sistematico ed è preceduto e integrato da colloqui anamnestici e di psicodiagnosi basati su metodologie di conduzione verbale e, per tale ragione, è generalmente utilizzata da professionisti della salute mentale, specializzati in tale approccio oppure affiancati da tecnici psicodanzaterapeuti.
Le tecniche di danza che possono essere adottate in questo approccio vengono scelte in base agli obiettivi da raggiungere e possono riguardare ogni disciplina di danza che abbia caratteristiche utili alla metodologia adottata: si utilizzano spesso danze come il Tango Argentino o balli da sala per problematiche di coppia oppure danze individuali folkloristiche o ancora forme di danza moderna con tecniche di teatralizzazione o persino balli di gruppo in cui si può, in base alle necessità, aumentare o meno la funzione svolta dall’aspetto tecnico, adottando vere e proprie tecniche di desensibilizzazione, training di assertività o tecniche comportamentali di condizionamento.
Se le problematiche psicologiche non rispondono ad un disturbo psicologico, ma riguardano la sfera della salute mentale e del benessere sociale, si possono utilizzare metodologie simili, definite più appropriatamente “psicodanza ” per indicare tecniche di intervento attraverso metodi psicologici verbali e non verbali affiancati dal costante uso del movimento e della danza.
Gli obiettivi che è possibile porsi sono innumerevoli e vanno dal superamento di forme di ansia e di insicurezza a problematiche relazionali o semplicemente forme croniche di timidezza.
La Danzaterapia per aiutare la mente
Attraverso gli interventi di danzaterapia è possibile lavorare stabilendo obiettivi generici volti al miglioramento del benessere psicologico o delle abilità mentali o seguendo programmi specifici. La metodicità dipende dal metodo che si utilizza.
Le aree psicologiche su cui è possibile intervenire con le tradizionali forme di danzaterapia o con la psicodanza e la psicodanzaterapia sono:
l’area cognitiva , in cui è possibile migliorare alcune competenze come lo schema corporeo, l’apprendimento di concetti o l’uso di simboli;
l’area emotiva , in cui è possibile incrementare la capacità di manifestare positivamente dei vissuti emotivi, sostenendo il superamento di paure e fobie e migliorando la stima di sé;
l’area relazionale , in cui spesso si lavora per migliorare le relazioni personali, i rapporti di coppia o per diminuire forme comportamentali disadattive;
l’area psicomotoria , in cui è possibile migliorare l’orientamento spaziale e la coordinazione motoria in relazione a prassi specifiche oppure generalizzate.
I disturbi di carattere psicologico in cui spesso la danzaterapia viene adottata a supporto di altri metodi o come forma esclusiva di cura sono innumerevoli e comprendono principalmente nevrosi, psicosi, disturbi alimentari, comportamenti ossessivi, depressioni, disturbi del linguaggio e problematiche post-traumatiche.
Gli incontri di danzaterapia non hanno mai mostrato controindicazioni e possono essere rivolti a singoli individui, a coppie oppure a gruppi: la scelta del contesto in genere viene effettuata in relazione ai metodi e alle necessità relativi alla problematica specifica che si sta trattando.
Approfondimenti bibliografici consigliati:
Benezon R., 1984, Manuale di musicoterapia , Borla, Milano.
Chodorow J., 1998, Danzaterapia e psicologia del profondo. L’uso psicoterapeutico del movimento espressivo profondo e rituale , Edizioni Red.
Delle Chiaie R., Brunetti G., Marconi P. L ., 1991, Aspetti psicologici della danza: uno studio psicometrico . In Perugia L., Leoni P., Manganaro M., Dottore...io danzo. Problemi di medicina per la danza , Editrice Sigma-tau, Roma.
Garcia M.E., 1987, Educazione al movimento e alla danza nella scuola elementare . In Quaderni di musica applicata , 9, 205-212.
Lestè A., Rust J., 1984, Effects of dance on anxiety . In Perceptual and Motor Skills , 58, 767-772.
Matto S., 2005, Dispense master biennale in psicodanzaterapia, manoscritto cartaceo , Palermo.
Payne H., 1992, Dance movement therapy: theory and practice , Tavistock/Routledge , London.
Vera D’Aragona P., 1986, Curarsi danzando. Il movimento come psicoterapia . In Riza Scienze , 13, 1-96.
Vignoli S., 1973, La danza come educazione , Savelli, Roma.
Zocca D., 2004, Laboratorio danza. Attività di movimento creativo con i bambini , Erickson,Trento.
DANZATERAPIA
|
|
|
|
|