A cura del Prof. Emilio Esposito Docente di Religione liceo scientifico/ e
sezione Carceraria/ Formatore Area delle Professioni Sociali/ Formed - VdS
C.R.I. / Consulente per il Terzo Settore (Welfare) /Componente Centro Studi e
Osservatorio Permanente sul Disagio Giovanile Comune di Mercato S. Severino.
Servitore Insegnante Scuola Alcologica Territoriale - AICAT/ARCAT/APCAT/
Volontario Ambulatorio Dipendenze ASL Sa distretto 67-/ Responsabile Sportello
Sociale C.R.I. (Delegato ASA ( Attività Sociali).Esperto in Biodiscipline e
Bioenergetica/Libero Docente UTE/ Università per la Terza Età. Counselor.Esperto
in Logoterapia.
La concezione di Intelligenza
basata su test psicometrici del tipo QI è oggi superata dal concetto di
Intelligenza Emotiva, che si esprime come meta-abilità, ossia come capacità di
servirsi di altre capacità superiori attraverso la gestione dell'esperienza
emotiva. Tale abilità complessa funziona ottimizzando la circolazione emotiva ed
è centrale nel quotidiano processo di adattamento che è alla base del benessere
e del successo, nonché di una sana vita psichica .
Intelligenza, adattamento e
salute mentale
Sono stati
elaborati diversi test, definiti psicometrici, per valutare l'intelligenza
umana. Essi prevedono una serie di prove il cui grado di difficoltà è in
relazione all'età del soggetto.
Viene
calcolato il QI del soggetto, ottenuto dal rapporto tra l'età mentale (EM
), valutata sulla base del numero di prove superate, ovvero l'età equivalente a
quella dei soggetti normali di cui la persona ha eguagliato il rendimento e
l'età cronologica (EC ), cioè l'età effettiva.
IQ = EM/EC
In pratica il
QI indica la posizione dell'individuo testato rispetto ai valori normativi degli
individui della sua popolazione della stessa età. Essi prevedono per ogni età un
certo risultato che viene quantificato in base ai risultati medi ottenuti da un
campione statistico estratto dalla popolazione.
Esistono diversi tipi di test: le scale di Wechsler , le
matrici progressive di Raven , i labirinti di Porteus , le scale
di Stanford-Binet originali o riviste da Terman e Merrill .
In effetti questa misurazione ha mostrato dei grandi limiti
, già evidenziati da Jean Piaget (1947) secondo cui:è intelligente il
comportamento che tende all'adattamento.
Il concetto di adattamento viene anche utilizzato quando si
effettua una diagnosi psichiatrica facendo riferimento ai criteri definiti e
classificati nel DSM-IV, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi
Mentali dell'American Psychiatric Association. La diagnosi psicologica, oltre
che a chiarire la presenza di disturbi mentali, ad individuare le risorse su cui
impostare un lavoro di sostegno psicologico o l'invio psicoterapeutico, viene
mirata anche a chiarire se sono presenti difficoltà di vita (es. malattie,
esperienze traumatiche, lutti, ecc…) che possono mettere a dura prova la salute
mentale.
L'adattamento è il criterio fondamentale quando si valuta lo stato di
salute mentale, che peraltro non può essere scissa dalla salute fisica e dal
benessere sociale. Corpo, mente e relazione sono infatti i tre ingredienti del
benessere e su ciò non rimangono dubbi se proviamo a riflettere sui motivi
(psicologici, fisici e relazionali) per cui siamo soliti affermare di star bene
o di star male, così come se si pensa al modo in cui un handicap fisico o una
malattia possano coinvolgere il benessere psicologico e limitare le relazioni
sociali.
Ne consegue che la salute mentale è il prodotto dell'interazione
tra almeno 3 ordini di fattori: psichici, fisici e sociali.
Le emozioni
, implicando un coinvolgimento di tutti e tre i fattori, svolgono un ruolo
importantissimo nella salute mentale .
Gli studi
riportati in quest'ambito (Cardaci M., Lombardo C. ) hanno chiarito
infatti che le emozioni sono fenomeni complessi che si manifestano su tre piani:
Le recenti
evidenze neuropsicologiche hanno mostrato inoltre quali aree cerebrali sono
maggiormente coinvolte nella mediazione dei fenomeni emotivi e, grazie al
contributo di P. Salovey e J. Mayer , nel 1990 è stata elaborata
la concezione dell'Intelligenza Emotiva , diffusa poi da D. Goleman
che ha approfondito il rapporto tra mente razionale e mente emozionale, in cui
si possono cogliere i presupposti del contributo fornito dall'Intelligenza
Emotiva al benessere psicologico. Infatti, come si può osservare nella seguente
sezione cerebrale, le basi anatomiche delle emozioni sono rintracciabili nelle
strutture più primitive e più interne localizzate nel sistema limbico, a cui
giungono gli input ambientali prima di raggiungere le aree superiori della
corteccia coinvolte, a seconda del compito di adattamento richiesto, in modo
diverso.
Questo
approccio anatomico-funzionale comporta l'evidenza tangibile della posizione
centrale dei circuiti neuronali emozionali, che implica il continuo
coinvolgimento delle strutture affettive prima che lo stato di attivazione si
propaghi in aree superiori, condizione a cui consegue una concezione
dell'Intelligenza Emotiva come meta-abilità , ossia come una capacità
che consente di servirsi di altre capacità superiori attraverso la gestione
dell'esperienza emotiva . Tale abilità complessa funziona ottimizzando la
circolazione emotiva ed è centrale nel quotidiano processo di adattamento che è
alla base di una sana vita psichica.
Tutto ciò è possibile perché il nostro cervello è un organo responsivo a stimoli
esterni e interni; conseguentemente i modi in cui viviamo i nostri stati
d'animo generano modificazioni fisiologiche che possono influenzare la durata e
l'intensità dell'attivazione delle aree cerebrali deputate ai vissuti emotivi.
Le 5
abilità emotive
Le abilità che compongono l'Intelligenza Emotiva sono 5
(spesso indicate da diversi autori con terminologie differenti). Esse vengono
indicate insieme alle capacità più specifiche che ne derivano, che rappresentano
dei veri e propri indicatori di come si manifestano tali abilità le quali,
considerate più dettagliatamente, possono far comprendere il contributo fornito
alla salute mentale o, viceversa, i costi che possono derivare a quest'ultima
quando queste capacità risultano deficitarie.
1) la
consapevolezza emotiva che genera principalmente:
la capacità di distinguere e
denominare le proprie emozioni in determinate situazioni;
il riconoscimento dei
segnali fisiologici che indicano il sopraggiungere di un'emozione;
la capacità di comprendere
le cause che scatenano determinate emozioni.
2) il
controllo emotivo che si manifesta prevalentemente attraverso:
il controllo degli impulsi e
delle emozioni;
il controllo
dell'aggressività diretta verso gli altri;
il controllo
dell'aggressività rivolta verso sé stessi.
3) la
capacità di sapersi motivare i cui indicatori principali sono:
la capacità di incanalare,
energizzare e armonizzare le emozioni dirigendole verso il raggiungimento di
un obiettivo;
la tendenza a reagire
attivamente (con ottimismo e iniziativa) agli insuccessi e alle frustrazioni.
4) l'empatia
che implica:
la capacità di riconoscere
gli indizi emozionali altrui;
la sensibilità alle emozioni
e alla prospettiva altrui.
5) la
gestione efficace delle relazioni interpersonali che determina:
la capacità di negoziare i
conflitti tendendo alla risoluzione delle situazioni;
la capacità di comunicare
efficacemente con gli altri.
Intelligenza emotiva, benessere successo e salute mentale
Le capacità individuali nelle cinque aree che compongono
l'Intelligenza Emotiva producono degli effetti nella vita quotidiana. Ciò
implica che le buone abilità emotive relative ad una dimensione specifica si
traducano in vantaggi psicologici, così come buoni livelli globali di
Intelligenza Emotiva possono dar luogo a condizioni più generali di benessere e
di successo. All'opposto, è possibile ricondurre alcuni specifiche
difficoltà personali o relazionali a deficit in determinate aree
dell'Intelligenza Emotiva . Allo stesso modo i costi imposti dalle
difficoltà emotive generali possono anch'essi tradursi, a lungo termine, in veri
e propri stili di vita e, dunque, in situazioni durevoli di malessere emozionale
che possono caratterizzare difficoltà transitorie o sfociare in disturbi mentali
permanenti. Esaminando le funzioni di ogni singola dimensione emotiva è
possibile tracciare i principali legami con il benessere psicologico e,
conseguentemente, con il disagio psichico, compiendo allo stesso tempo un
viaggio nel nostro mondo interiore che ci può consentire di conoscerci meglio.
La consapevolezza emotiva
Consiste
nella capacità di riconoscere le proprie emozioni nel momento in cui hanno
inizio. E' conosciuta anche come consapevolezza di sé o autoconsapevolezza e va
concepita come una forma di attenzione non reattiva e non critica verso i propri
stati interiori. La possediamo quando riusciamo a guardare i nostri stati
interni come se stessimo guardando il contenuto di un vaso trasparente.
La presenza
di buoni livelli di consapevolezza emotiva si traduce in buon dialogo con se
stessi che rappresenta il primo passo per rispettare le proprie esigenze e i
propri bisogni quando si compiono le scelte quotidiane anche piuttosto
importanti. Gli individui dotati di buona consapevolezza di sé non tendono a
reprimere i loro vissuti emotivi, che continuerebbero ugualmente a produrre i
loro effetti ma, al contrario, fanno il primo passo verso la gestione efficace
delle proprie emozioni mediante un'attribuzione di significato a ciò che gli
accade, resa possibile dalla mediazione operata dal linguaggio con cui definiamo
quello che proviamo.
Questa condotta è positiva perché rispetta il bisogno naturale presente in tutti
noi di dare un senso alle nostre esperienze e ai nostri vissuti. L'autoconsapevolezza
inoltre, comportando la capacità di riconoscere precocemente i segnali
fisiologici che accompagnano un'emozione, risulta fondamentale soprattutto per
far fronte a condizioni emotive più intense, come ad esempio l'ansia, in quanto
permette di imparare il ricorso precoce a tecniche di rilassamento come il
controllo del respiro e il biofeedback .
Essa è
inoltre determinante per prevenire disturbi psicosomatici di varia natura, come
mal di testa, tensioni muscolari, tachicardia, che spesso affidano al corpo il
compito di dire le emozioni non espresse utilizzando il sintomo.
La carenza
estrema in questa area emotiva coincide con la negazione delle proprie emozioni
che può essere la base della tendenza stabile al silenzio emotivo, noto in
psichiatria con il nome di alessitimia, che letteralmente vuol dire mancanza di
parole per definire le emozioni. Diversi studi hanno mostrato come essa sia una
caratteristica che contraddistingue soprattutto i pazienti psicosomatici, i
tossicodipendenti, in cui l'azione sostituisce la riflessione su se stessi,
nonché soggetti che hanno subito gravi traumi, che adottano massicci meccanismi
di difesa verso la propria realtà interiore che è fonte di sofferenza.
Il controllo emotivo
Consiste nell'abilità di modulare le proprie emozioni sia
sul versante interno che su quello esterno. Il controllo interno riguarda l'esperienza emotiva e consiste nella
capacità di lasciare il giusto spazio alle emozioni, sia nella durata che
nell'intensità.
Le persone
che riescono a controllare adeguatamente i propri vissuti emotivi sono in grado
di non lasciarsi travolgere dalle loro esperienze affettive, evitando il
cosiddetto sequestro emotivo.
Questa capacità di gestire i vissuti emotivi agisce sulla salute mentale
impedendo che delle emozioni negative, quali l'ansia e la tristezza, divengano
dei sentimenti stabili e possano trasformarsi in patologie ansiose o depressive.
Tale abilità inoltre, consentendo di distinguere le emozioni dalle azioni, è
alla base della capacità di concentrarsi nello svolgimento di un compito, di
riflettere e di pianificare le azioni, tutte doti importanti per il successo
nello studio, nel lavoro, nello sport, ecc.Ad alcuni professionisti, quali ad
esempio chirurgi, avvocati, psicologi clinici e dirigenti, questa capacità di
gestione del vissuto emotivo risulta di notevole aiuto. Essa risulta altresì
fondamentale per affrontare al meglio le sfide agonistiche sportive e quelle che
spesso la vita impone a tutti noi.
Come può essere intuito, lo scarso controllo
emotivo interno al contrario cronicizza l'azione di emozioni negative che
rappresentano veri e propri stressors, ossia stimoli che attivano risposte
fisiologiche tipiche delle situazioni di stress, i quali a lungo termine possono
rivelarsi tossici e determinare la caduta delle difese immunitarie con
conseguenti disturbi psicosomatici di vario genere.
Un deficit in questo settore dell'intelligenza
emotiva può manifestarsi anche attraverso la tendenza a rivolgere l'aggressività
spesso ed eccessivamente verso l'interno. Questo atteggiamento nel corso delle
attribuzioni di causalità degli eventi della vita può determinare un'autosvalutazione
più o meno accentuata ed è stato riscontrato frequentemente nelle persone con
depressione, in cui la sua massima espressione è manifestata in presenza di
ideazioni suicidarie.
Il controllo esterno concerne il
versante esteriore delle emozioni e consiste nella capacità di esprimere
adeguatamente le manifestazioni emotive.
Buone capacità di controllo delle
manifestazioni emotive rappresentano il fulcro dell'adattamento sociale e quindi
sono fondamentali per il successo in tutte quelle attività mediate dalle
relazioni interpersonali. La carenza nel controllo delle manifestazioni emotive
può generare conseguenze più o meno gravi a seconda del livello di difficoltà
presentato . In casi di lievi difficoltà in tale abilità si possono avere
problemi relazionali che possono incidere anche sulle prestazioni (esami,
rapporti professionali) che implicano rapporti sociali. I gravi deficit nel
controllo emotivo esterno rappresentano invece il nodo cruciale di molte
patologie psichiatriche.
La tendenza ad agire senza pianificare, ad
esempio, è una caratteristica tipica del disturbo antisociale di personalità che
viene descritto come caratterizzato da impulsività e incapacità di fare piani,
da irritabilità e aggressività con tendenza agli scontri fisici. Un deficit nel
controllo degli impulsi è riscontrato frequentemente in giovani con disturbi
alimentari come la bulimia nervosa, in soggetti dediti all'uso di sostanze e
propensi alla delinquenza.
Inoltre, il DSM-IV presenta una sezione
specifica in cui sono inclusi dei disturbi del controllo degli impulsi che sono
patologie frutto dell'estrema incapacità di resistere agli impulsi. Sono
compresi in questa categoria, tra gli altri, il gioco d'azzardo patologico, la
piromania e la cleptomania.
Tuttavia va sottolineato come paradossalmente
in alcune specifiche sottoculture (es. bande) l'aggressività assuma connotazioni
adattive, per cui in tali casi il deficit nel controllo emotivo esterno è
indotto, nonostante esista un buon funzionamento potenziale dei meccanismi e
delle abilità di inibizione.
Le capacità di sapersi motivare
Una buona dose di questa capacità genera la possibilità di mettere
le emozioni al servizio dello svolgimento di un compito, condizione che consente
di raggiungere quello stato psicologico definito da M. Csikszentmihalyi
flusso(1990). Nell'ambito della psicologia dello sport questo stato è chiamato
anche zona, tendendo a sottolineare figurativamente, in una terminologia da
baseball, le caratteristiche mentali di chi riesce a mettersi al posto giusto,
ossia al centro dell'esperienza incanalando il flusso delle emozioni,
energizzandole e neutralizzando quelle negative al fine di eseguire al meglio
una performance.
Una buona capacità di automotivarsi inoltre alimenta la
tendenza a reagire attivamente alle frustrazioni che si manifesta con un
atteggiamento ottimistico e con uno spirito di iniziativa che si traducono in
una capacità di perseverare negli sforzi, organizzando anche piani di azione
alternativi per raggiungere un obiettivo quando i risultati tardano ad arrivare.
In generale, i costi di una carenza o dell'assenza della capacità di
automotivarsi sono rappresentati da una tendenza al pessimismo, alla passività
di fronte agli ostacoli e alla mancanza di iniziativa che comportano la
cronicizzazione dell'insuccesso.
Il venir meno della tendenza a reagire attivamente agli insuccessi
inoltre incide negativamente sulla capacità di progettazione a lungo termine,
predisponendo a reagire con passività di fronte agli ostacoli che frequentemente
si interpongono agli obiettivi desiderati. L'estrema incapacità di automotivarsi
è stata definita da diversi autori nei termini di impotenza appresa, un
atteggiamento che comporta una tendenza cronica a considerare in partenza
insormontabile qualsiasi difficoltà. L'assenza di tale dimensione anche nel
migliore studente o professionista genererà la tendenza alla rassegnazione e
alla passività di fronte agli insuccessi intaccando in modo determinante il
grado di autostima che è fondamentale per il benessere psicologico.
L’ Empatia
Recenti studi hanno mostrato che le forme più mature di empatia
presentano tre componenti:
il riconoscimento delle
emozioni;
l'assunzione della
prospettiva e del ruolo altrui;
la condivisione emotiva.
I vantaggi
collegati al possesso di mature capacità empatiche sono riconducibili al fatto
che questa forma di empatia è un fattore importante nello sviluppo della
capacità di porsi in relazione con gli altri , per le sua frequente tendenza
ad alimentare comportamenti pro sociali e per le sue evidenti relazioni con la
capacità di cooperazione che agevola l'inserimento sociale. Inoltre, la
sensibilità alle emozioni e alla prospettiva altrui è considerata una
caratteristica che connota l'assertività ossia quello stile di comunicazione che
caratterizza un individuo socievole, sicuro di sé e aperto al confronto. Grazie
all'empatia la condotta assertiva minimizza i rischi di incomprensione
promuovendo un contatto che rispetta lo spazio e le esigenze altrui.
L'assenza
di empatia rappresenta il fulcro di alcuni disturbi della condotta
caratterizzati dal ricorso frequente all'esercizio dell'aggressività verbale e
fisica anche in presenza di sufficienti capacità di controllare le
manifestazioni emotive. L'incapacità a comprendere l'emozione altrui,
infatti, può comportare distorsioni nell'interpretazione delle intenzioni e
generare comportamenti difensivi fuori luogo.
La mancanza
di empatia è uno dei criteri che contraddistingue il disturbo narcisistico di
personalità e rende gli individui che rientrano in tale condizione incapaci di
riconoscere i sentimenti e i bisogni degli altri essendo costantemente assorbiti
dalle proprie esigenze.
L'assenza di empatia o la presenza di bassi livelli di tale abilità emotiva sono
stati rilevati nei profili che contraddistinguono i bulli, negli ultimi anni
sempre più presenti nelle scuole italiane. La carenza di questa dimensione
agirebbe ponendosi alla base di atteggiamenti aggressivi messi in atto nei
confronti delle vittime da quei ragazzi che tendono ad interpretare
comportamenti neutri o concilianti dei loro compagni attribuendogli un
significato ostile.
La capacità
di gestione delle relazioni umane
Da questa
dimensione dipende anche la capacità di comunicare efficacemente che è
fondamentale per chi svolge un'attività che concerne le pubbliche relazioni.
Gli
individui che la possiedono hanno grandi capacità di negoziazione, sono in grado
di entrare in rapporto con gli altri con grande disinvoltura e sono abilissimi
nel leggere e conciliare i sentimenti altrui. La carenza o assenza di questa
dimensione emotiva può generare difficoltà relazionali che possono finire, nei
casi più estremi, con l'isolamento.
Conclusioni
L'analisi delle singole componenti dell'Intelligenza Emotiva ha
messo in luce alcuni fondamentali aspetti collegati al benessere psicologico
secondo diverse modalità.
Le 5 dimensioni vanno considerate come risorse per la salute mentale. Esse,
infatti, laddove carenti, possono essere incrementate con opportuni training di
alfabetizzazione emotiva che trovano spazio nella prevenzione del disagio
psichico, ovviamente sempre che non sussistano deficit dovuti a lesioni o
collegati a patologie organiche che possano limitare o impedire l'intervento
clinico.
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