Aiutiamo la nostra mente
A cura del Prof.
Emilio Esposito Docente di Religione liceo scientifico/ e sezione
Carceraria/ Formatore Area delle Professioni Sociali/ Formed - VdS C.R.I. /
Consulente per il Terzo Settore (Welfare) /Componente Centro Studi e
Osservatorio Permanente sul Disagio Giovanile Comune di Mercato S. Severino. Servitore Insegnante Scuola
Alcologica Territoriale -
AICAT/ARCAT/APCAT/ Volontario Ambulatorio Dipendenze ASL Sa distretto 67-/
Responsabile Sportello Sociale C.R.I. (Delegato ASA ( Attività
Sociali).Esperto in Biodiscipline e Bioenergetica/Libero Docente UTE/ Università
per la Terza Età. Counselor.Esperto in Logoterapia.
Il training autogeno, largamente
conosciuto e diffuso in tutto il mondo come “tecnica di
rilassamento”, è un metodo di aiuto psicosomatico elaborato dallo
studioso di origine berlinese J. H . Schultz e dal suo stesso fondatore
definita come un “metodo di auto -distensione da concentrazione
psichica”. Il T .A ., acronimo con cui tale tecnica viene ormai
usualmente indicata, se praticato correttamente e costantemente, può
consentire di raggiungere un’auto suggestione ed un addestramento al
cambiamento psicofisico, migliora il contatto con se stessi e rappresenta una
risorsa dalle immense potenzialità per aiutare la mente sia a migliorare
le quotidiane performances che ad alleviare disagi
psicosomatici di vario tipo.
Nascita e principi - base del metodo
Il 1932 è l’anno della
nascita ufficiale del training autogeno che è stato presentato
attraverso la pubblicazione dell’opera fondante “Das autogene
training”, in cui sono raccolti i risultati di molti anni di studi
condotti dal suo iniziatore, ricerche che risentono delle esperienze di
quest’ultimo nel campo dell’ipnosi e della psicoanalisi.
L’allenamento o training agli esercizi di T.A.
consente, dopo la prima fase di addestramento, di raggiungere la
capacità di ottenere dei benefici psicofisici immediati grazie alla
ripetizione di “formule autogene” e l’effetto a lungo termine
di cambiamento dei processi psicofisici negativi che possono essere all’origine
di molti disturbi psicosomatici. Questa tecnica quindi è uno strumento
di cambiamento che opera a tre livelli:
1.
A
livello fisiologico, favorendo un riequilibrio del Sistema Nervoso
Vegetativo e del Sistema Endocrino, entrambi strettamente connessi ai vissuti
emotivi;
2.
A
livello fisico , migliorando lo stato di benessere e di salute generale;
3.
A
livello psicologico, aiutando a ristrutturare le proprie reazioni
negative e migliorando alcuni vissuti psicologici.
Attraverso il training autogeno si crea
un crescente equilibrio psicofisico, soprattutto su quelle funzioni
psicosomatiche (es. emozioni, stati somatici legati alla contrazione di muscoli
involontari) che sono mediate dal cosiddetto Sistema Nervoso Autonomo. Gli
esercizi infatti tendono a mettere a riposo quella parte di tale struttura che
garantisce l’attivazione psico- fisiologica e diminuiscono quegli eccessi
di alcuni ormoni, come l’adrenalina, che si riversano nel sangue in
condizioni di stress.
Allo stesso modo l’allenamento
autogeno permette di passare gradualmente ad una maggiore consapevolezza (e una
conseguente possibilità di controllo) delle attività muscolari
involontarie (es. respirazione), liberandole sempre di più del controllo
volontario negativo che costringe a stati di stress alcuni muscoli volontari.
Il carico di tensioni fisiche e
psicologiche accumulate viene scaricato attraverso le cosiddette “scariche
autogene” , ossia quei fenomeni transitori di origine psicologica o
somatica che tendono a manifestarsi in modo decrescente fino a sparire
completamente nel corso dell’allenamento autogeno e che sono connesse
alla possibilità del T . A. di liberare e decongestionare le aree
cerebrali sovraccaricate dallo stress. Per questo spesso, nelle fasi iniziali
dello svolgimento degli esercizio di training autogeno, si possono verificare
scariche motorie (movimenti involontari, tosse, riso, spasmi), scariche uditive
(ronzii, fischi, rumori), scariche vestibolari (vertigini, senso di
galleggiamento) o ancora scariche affettive (emozioni di vario tipo positive o
negative). Di qualunque tipo siano le scariche autogene esse in genere
interessano aree somatiche (muscoli, vista, ecc.) o aree psicologiche (affetti,
pensieri, ecc.) sovraccariche di tensione che in tal modo viene diminuita
gradualmente.
“Training” vuol dire “allenamento”,
“autos” vuol dire “da se” e “genos”
significa “che si genera”, perciò l’etimologia della
denominazione della tecnica permette di spiegare meglio i suoi obiettivi, tutti
volti a rendere la persona che si sottopone a tale pratica in grado di produrre
da se un allenamento al rilassamento, al cambiamento psicologico e al controllo
di alcuni stati fisici, attraverso una crescente capacità autonoma di
“autosuggestione” che inizialmente viene guidata e insegnata da un
esperto.
Il principio fondamentale su cui si basa
la tecnica dell’“allenamento autogeno” è quello del
cosiddetto “condizionamento classico”, ossia un metodo di
apprendimento psicologico esposto da I. Pavlov in altri contesti. Nel training
autogeno, attraverso questa forma di apprendimento è possibile ottenere,
con la ripetizione degli esercizi, l’associazione tra una formula o un
esercizio mentale (inizialmente stimoli neutri e poi stimoli condizionati) ed
uno stato psicologico o fisiologico (risposta incondizionata), che diviene una
cosiddetta “ risposta condizionata” in seguito alla sperimentazione
di tecniche specifiche di concentrazione e autosuggestione in condizioni
protette e positive (stimoli incondizionati). Tale principio - base sottolinea
l’importanza di ripetere con costanza l’allenamento agli esercizi
nel corso della fase iniziale di “training” e la necessità
di favorire fin da principio l’autogenicità nel produrre le
risposte agli esercizi, senza creare dipendenza dal trainer o da una voce
guida.
Altri processi neuropsicologici
importanti sembrano inoltre intervenire nella fase di allenamento al
cambiamento psicofisico prodotta attraverso il “training autogeno”.
Un fenomeno importante riguarda la
capacità della memoria di sensazioni fisiche rievocate attraverso le
immagini mentali di rendere attuali e reali tali sensazioni anche in assenza di
stimoli concreti. Secondo gli studi sull’intelligenza visiva raccolti da Ian Robertson ciò
deriverebbe dalla tendenza del nostro cervello ad attivare, attraverso stimoli
immaginativi, le stesse aree messe in azione da stimoli reali. Così, ad
esempio, l’allenamento ad immaginare una fonte che scalda una parte del
corpo (es. acqua tiepida) può permettere di ottenere risposte
fisiologiche simili a quelle che tale stimolo reale produrrebbe (es. aumento
della temperatura e dell’irrorazione sanguigna della parte).
Similmente funziona il principio
dell’“ideoplasia” che spiega la
possibilità di produrre micromovimenti attraverso una fervida ed
allenata capacità di immaginare movimenti muscolari reali. Infatti,
ciò avviene quotidianamente nella comunicazione non verbale e permette
nel T.A. di ottenere delle risposte di controllo
muscolare.
Esercizi e utilità del Training autogeno
Gli esercizi del training autogeno vanno
distinti in due categorie: quelli che costituiscono il più noto
“Training Autogeno Inferiore” e quelli che appartengono alle
possibilità del “Training Autogeno Superiore”.
Nella prima area, quella del T.A.I. rientrano sei esercizi di base, due fondamentali e
quattro complementari, tutti eseguiti dopo l’esercizio propedeutico.
Quest’ultimo è
“l’esercizio della calma” , un allenamento
importantissimo poiché il raggiungimento di uno stato iniziale di
“calma” in cui si riesce a mettere da parte ogni preoccupazione ed
ogni pensiero permette di sperimentare in modo adeguato ed efficace gli altri
esercizi. Senza il raggiungimento di tale condizione psicologica non si riesce
a disporre delle opportune energie e condizioni mentali che consentono una
completa concentrazione volta ad ottenere gli effetti desiderati attraverso gli
altri esercizi.
Tale esercizio risulta molto utile per
imparare a controllare stati di ansia generalizzata o di confusione e panico
poiché consente di accrescere la capacità di convogliare
all’interno quelle energie mentali che tendono a disperdersi verso
l’esterno, guidate da forze centripete che catturano l’attenzione
su elementi che alimentano vissuti e pensieri negativi.
L’“esercizio della
pesantezza” rappresenta un utile strumento per ottenere uno stato
generale di rilassamento muscolare e consente di prendere consapevolezza di
tensioni muscolari inconsapevoli e di vissuti psicologici che tendono a crearle
e quindi a generare delle problematiche psicosomatiche quali dolori, crampi.
Esso, pertanto, risulta estremamente utile per affrontare problematiche del
dolore, cefalee muscolo-tensive, disturbi da stress, vertigini derivanti da
tensioni accumulate sul collo o per combattere l’insonnia.
L’“esercizio del
calore” consente di ottenere dei cambiamenti a livello della circolazione
nei vari distretti muscolari, approfondendo lo stato di rilassamento che
è possibile ottenere attraverso il precedente esercizio, poiché
accresce il rilassamento e anche la mobilità muscolare. Questo esercizio
è utile per coloro che soffrono di disturbi legati alla cattiva
circolazione e può essere un valido strumento di riscaldamento mentale
dei muscoli che devono essere impegnati in uno sforzo fisico.
Attraverso l’“esercizio
del cuore” ci si mette in contatto con il proprio ritmo interiore di
vita e con la parte che simbolicamente viene designata come “il centro
delle emozioni”. E’ un esercizio non sempre facile da eseguire e
strettamente importante per favorire il contatto e la graduale accettazione sia
della propria vita affettiva-emotiva, sia della
natura umana. I risultati che possono essere ottenuti praticandolo
correttamente hanno importanti ricadute positive nell’alleviare le
somatizzazioni che riguardano problematiche circolatorie centrali, come la
tachicardia, che nascono da situazioni ansiogene e che sono una delle
componenti fondamentali del cosiddetto Disturbo da Attacchi di Panico.
Con l’“esercizio del
respiro” si impara a lasciare che la funzione respiratoria non venga
influenzata da aspetti psicologici che tendono a modificarla alterandola. Anche
questo esercizio è molto utile in caso di problemi somatici legati
all’ansia, poiché questi ultimi tendono sempre a manifestarsi con
una ricaduta sul ritmo respiratorio che in genere viene accelerato, producendo
scarsa ossigenazione e sintomi conseguenti come capogiri o sensazione di
svenire. La simbologia del respiro come fonte di vita, inoltre, rende utile
questo esercizio anche in situazioni di depressione e in tutti i casi in cui si
sia instaurato un circolo vizioso per cui dall’emozione negativa nasce
l’apnea o il rallentamento respiratorio che a sua volta crea nuove
emozioni negative legate alle sensazioni fisiche sperimentate in seguito ad una
cattiva respirazione e al contatto con la vita e ciò che entra in noi
dall’esterno attraverso il respiro.
L’“esercizio del plesso
solare” è un esercizio coinvolge molti organi interni quali
intestino, fegato, pancreas, milza, rene e surrene, che convogliano tutti verso
lo stesso ganglio nervoso che media il loro funzionamento. Eseguito con una
mano sul ventre fino alla parte finale dello sterno per aumentare il contatto e
la consapevolezza della zona su cui si lavora, questo esercizio consente sia di
lavorare per favorire un migliore funzionamento degli organi vitali coinvolti,
che per ridurre le tensioni di natura psicologica che spesso sono alla base di
gastriti e problemi digestivi. Inoltre, esso aumenta il contatto con le
sensazioni fisiche che si associano ai vissuti psicologici di accettazione o
rifiuto di certe situazioni, soprattutto se relative a questioni non sempre
completamente consapevoli.
Infine, l'“esercizio della
fronte fresca”, che completa efficacemente un rilassamento
generalizzato, consente di lavorare sia sulle problematiche somatiche connesse
alla cattiva circolazione cerebrale, poiché agevola una vasocostrizione
e quindi un controllato afflusso del sangue al cervello, sia su quelle
problematiche psicologiche che sono avvertite e vissute come “calore e
sovraccarico della mente”. La “mente fresca”, infatti,
è simbolo di lucidità e di una capacità di vivere le
emozioni e le decisioni con un giusto distacco emotivo che è possibile
imparare a sperimentare a livello psicologico e fisico grazie
all’apprendimento di tale esercizio.
Dopo aver appreso in modo approfondito
gli esercizi del Training Autogeno Inferiore possono essere appresi
altresì esercizi supplementari o ancora si possono eseguire specifici
esercizi che appartengono al Training Autogeno Superiore.
Per apprendere correttamente questa
tecnica si può ricorrere ad un operatore specializzato o, nel caso in
cui la si utilizzi per finalità legate al cambiamento e al miglioramento
di certi comportamenti o per affrontare problematiche di tipo psicologico o
psico-somatico, attraverso uno psicologo esperto nell’insegnamento e
nella pratica di tale tecnica. Infine, esiste anche la possibilità di
seguire un vero e proprio percorso psicoterapeutico con specialisti che
utilizzano la cosiddetta “psicoterapia autogena”.
Ambiti di applicazione della tecnica
L’approfondimento della conoscenza
degli esercizi di base del Training Autogeno permette di comprendere meglio le
innumerevoli possibilità applicative che sono state sviluppate rispetto
all’uso originario di tale metodo. Il T.A.,
infatti, nasce originariamente in campo clinico psicologico e psicosomatico per
affrontare problematiche quali:
- disturbi
funzionali e somatizzazioni di tipo neurovegetativo(cefalee, tachicardie,
problemi circolatori e respiratori, disturbi digestivi);
- fobie
e disturbi d’ansia;
- tic o
balbuzie;
- disturbi
del sonno (insonnia, apnee).
Ben presto i seguaci e prosecutori
dell’uso del Training Autogeno hanno sperimentato adattamenti degli
esercizi in altri settori.
Uno dei primi esempi riguarda il mondo
della psicologia del lavoro, in cui molte industrie hanno voluto e richiesto di
provare questo metodo, sperimentando le sue ricadute positive sul rendimento in
azienda e sulla sua capacità di limitare lo stress e l’assenteismo
legato a problematiche di questo tipo.
Attualmente uno dei campi più
importanti di applicazione di questa tecnica è quello della psicologia
dello sport e della preparazione mentale degli atleti (Bassi G. B ., Bonfanti M., Arcelli E.) che
riguarda sia intere squadre sportive (di calcio basket, pallacanestro,
pallanuoto) che atleti che praticano sport individuali in cui alcuni esercizi
risultano utilissimi sia alla performance che alla riduzione che al recupero di
alcuni infortuni. E’ il caso dello sci, del baseball, del tennis, della
scherma o di alcune arti marziali in cui la tecnica si rivela efficacissima
anche per il controllo della concentrazione. Da molti anni ormai questa tecnica
è parte integrante dei cosiddetti “corsi di preparazione al
parto” e se, preventivamente imparata, risulta molto utile a gestire le
emozioni e a controllare il respiro ed il dolore.
Infine, vanno ricordate con
curiosità ed interesse le più recenti, ma non meno diffuse,
applicazioni. Una delle principali concerne il campo educativo in cui il T.A. per l’infanzia si trasforma in “fiabe del
rilassamento” che possono essere utilizzate per affrontare
difficoltà di sviluppo piuttosto diffuse, superando anche i limiti delle
classiche tecniche di approccio verbale al problema. Un’altra recente
applicazione della tecnica riguarda i trattamenti estetici, soprattutto quelli
che si rivolgono alla cura dell’acne nervosa o da stress, dei problemi
estetici della cattiva circolazione o più semplicemente al rilassamento
e alla ricerca di un benessere globale che si associa ai trattamenti effettuati
nelle sale di bellezza o nei centri termali.
Riferimenti bibliografici
- Schultz J.H. (1968). Trad it. Il
training autogeno I – esercizi inferiori ,
Feltrinelli, Milano.
- Schultz J.H. (1968). Trad it. Il
training autogeno II – esercizi superiori ,
Feltrinelli, Milano.
- Marchi
I. (2002). Teoria e pratica del training autogeno , Demetra,
Firenze.
- Tosi
D. (2001). Training autogeno. Guida pratica al più efficace
metodo contro lo stress , Brancato.
- Peresson L. (1985). Trattato di
training autogeno – vol. I e II , Piovan.
- Hoffman,
Bern H. (1980). Manuale di training autogeno
, Astrolabio.
- AA.VV. (2003). Appunti dal seminario su
“il training autogeno e la gestione dell’ansia ”, Centro
ASPEN onlus, Palermo